Un ragazzino di sessantatré anni dal fisico asciutto e con la verve di un quarantenne, con il calcio nella testa e nel cuore. Nonno orgoglioso di  due “lupacchiotti”, Cristian e Gabriel, rampolli della figlia Francesca, la primogenita dei suoi tre figli. Gli altri due sono i gemelli Gabriele e Carolina, rispettivamente professore di latino e greco e numero cinquanta al mondo nella ormai famosa disciplina del padel. Laziale doc, Nando Orsi è da sempre nel mondo del calcio, prima a difesa dei pali di compagini di grande prestigio del nostro calcio poi quale allenatore di squadre altrettanto importanti e con altrettanto prestigio quindi quale commentatore nelle principali televisioni italiane e in radio. Davanti ad un buon buon succo al mirtillo Nando si è confessato al mio microfono.   

Il portiere è un ruolo solitario, che differenza c’è tra lui e un centrocampista o un attaccante?

Fa parte della squadra ma è sicuramente un ruolo estremamente diverso dagli altri e infatti diverso è anche l’allenamento e per certi versi è diversa anche la testa del portiere rispetto a quella degli altri giocatori. E’ un ruolo per me magico, il portiere lo riconosci subito appena le squadre entrano in campo perché la sua maglia ha un colore diverso ma quella diversità impone forti responsabilità perché se sbaglia un qualunque calciatore ci sono altri dieci compagni che possono rimediare all’errore ma se sbaglia il portiere la frittata è fatta, becchi il goal. La responsabilità del portiere è a trecentosessanta gradi, serve una vocazione per questo ruolo perché al di là di tutto deve pure piacere, ti sembrerà strano, subire i goals perché poi vai ad allenarti sull’errore che hai commesso per migliorare il tuo bagaglio tecnico.

Appartieni alla vecchia scuola o a quella nuova che vede i portieri sempre più protagonisti anche in fase di costruzione e sempre più, quindi, con il pallone tra i piedi?

Non ho una posizione netta e non mi piacciono le cose standardizzate, le vie dimezzo sono sempre le cose migliori ma se alla fine di una partita le statistiche ci dicono che il portiere ha toccato più palloni di un centrocampista c’è qualcosa che non va. E poi lo vedi anche tu, dai, che a volte ci sono goals che nascono da clamorosi errori dei portieri che pressati dagli attaccanti non sempre riescono a gestire bene il pallone con i piedi.

In genere i bambini si approcciano al calcio con l’idea di segnare, di fare goal. Tu hai deciso di fare il portiere, perché?

Mi piaceva sia fare il portiere che l’attaccante e giocavo con i miei coetanei a volte in porta ed altre volte in attacco senonché un giorno, da ragazzino, dovevo andare a fare un provino con la Roma e mio padre mi consigliò di fare il portiere in quella occasione perché avrei avuto più possibilità di farcela ad essere preso tenuto conto che tutti avrebbero chiesto di giocare in mezzo al campo. Quel pomeriggio feci varie partitelle perché eravamo in tantissimi e tra qualche goal preso e qualche parata ben fatta mi chiesero di tornare i giorni successivi e così mi ritrovai a fare il portiere per tutta la vita.

Un portiere bravo tra l’altro.

Beh questo lo pensi tu ahahah. Sì, non posso lamentarmi, dal calcio ho avuto tante e grandi soddisfazioni.

Chi era tra i portieri del tuo tempo quello che avevi eletto a tuo idolo?

Ce ne erano tantissimi ai miei tempi di grandissimi portieri, l’Italia era la patria di questo straordinario ruolo. Guarda, Ercole, io ho un rapporto eccezionale con Zoff, che abita tra l’altro proprio qui vicino a me e con il quale siamo amici di famiglia. Ho avuto il grande Dino come allenatore e come Presidente alla Lazio ma se proprio devo dirti chi mi aveva stregato da ragazzino ti dico Albertosi, con quella sua maglietta gialla. Richy era un po’ particolare nell’interpretazione del ruolo ed era spettacolare e spericolato allo stesso tempo mentre Zoff era più ragionatore anche se, sull’uno contro uno a terra, credo Zoff fosse il più forte al mondo.

Hai subìto circa quattrocento goals nella tua lunghissima carriera, qual è quello che ti viene più spesso in mente?

Beh non sapevo fossero quattrocento perché non li ho mai contati e non sono mai andato a vedere queste statistiche però me li ricordo quasi tutti. Quello che più spesso mi torna alla mente anche perché me ne parlano sempre tutti è quel favoloso pallonetto di Maradona che la leggenda vuole me lo abbia fatto da centrocampo ma che in realtà lo ha fatto da cinque o sei metri fuori dall’area di rigore. Io non ho mai contestato la distanza da dove Diego fece quella magìa anche perché poi non mi cambia la vita questa cosa e poi Maradona a quale portiere al mondo non ha fatto un goal strepitoso? Stiamo parlando del più grande e mi fa pure piacere che mi ha segnato ahahah. La cosa simpatica sai quale è? Tutti ricordano il goal di Diego ed io che finii con tutto  il pallone dentro la porta ma nessuno che mi hanno segnato pure Wladyslaw Zmuda e Francisco Elòi che penso non segnassero neanche nelle partitelle in allenamento ahahaha.

La tua parata più bella?

Quelle che mi sono rimaste “dentro” sono due perché importantissime più che belle. Una la feci a Cantarutti in un Lazio-Catania in cui ci giocavano in quello scontro diretto il ritorno in serie A  e riuscimmo nell’intento grazie anche a quella parata e l’altra la feci in un Napoli-Lazio, credo a Zola, in cui ottenemmo il “passaporto” per l’Europa entrando in Coppa Uefa. Ti ho parlato di parate importanti più che belle perché magari una parata “scenica”  all’incrocio dei pali non ti porta niente mentre una meno da “flash” risulta determinante per il raggiungimento di un traguardo.

Ma tu da bambino per quale squadra tifavi?

Avevo una simpatia per l’Inter poi svanita durante un Roma-Inter in cui i giallorossi si imposero per due a zero sui neroazzurri con una doppietta di Barison. Poi arrivò la Lazio nella quale sono stato per diciassette anni, prima da calciatore poi da allenatore dei portieri e successivamente da vice allenatore della squadra pertanto è naturale come il mio cuore sia assolutamente ed esclusivamente biancoceleste. Per sempre!

Roma, Siena, Parma, Lazio, Arezzo e ancora Lazio, con una parentesi anche nella Nazionale Under 21: vent’anni nel calcio che conta.

Una vita! Vent’anni da portiere e dieci da allenatore ed ora commentatore in TV e in radio. Il calcio ce l’ho dentro, mi ha fatto crescere come atleta e come uomo. Mi sono sempre allenato molto e seriamente e questo credo sia stato apprezzato se poi, dismessi i calzoncini e i guanti, ho iniziato a commentare il calcio nelle varie emittenti televisive e radiofoniche.

Lazio, Inter, Livorno e Ternana le tue tappe da allenatore.

Squadre importanti, categorie diverse ma sempre lo stesso impegno per cercare di trasfondere nei calciatori quello che in oltre vent’anni di campo, vicino a grandi campioni e grandi mister, ho imparato. Sono molto soddisfatto anche dei risultati, sportivi ed umani, che ho ottenuto da mister.

Il portiere dei tuoi tempi che stimi di più?

Tanti grandi portieri ai mie tempi, da Zinetti a Cervone, da Tancredi a Martina, da Bordon a Terraneo per non citare tutti gli altri ma su tutti metto Giovanni Galli, drande portiere e grandissimo uomo!

Il compagno di squadra a cui sei rimasto più legato?

Ho sempre avuto rapporti amichevoli e sereni con quasi tutti i compagni con i quali ho giocato ma se proprio devo farti un nome ti dico Dario Marcolin con il quale ho un gran bel rapporto. Però che dirti, l’altro giorno ho incontrato Giovanni Stroppa che ha portato il Monza per la prima volta nella sua storia in serie A e sono stato piacevolmente mezz’ora a parlare con lui. Incontro spesso, qui in zona, Giordano, Agostinelli, Piscedda, Giannichedda, Corradi, Favalli e con tutti loro mi faccio sempre quattro chiacchiere e quattro risate.

Abbiamo parlato dei compagni di squadra, parlami del mister che hai preferito.

Ho sempre avuto buonissimi rapporti con tutti e con Zoff poi siamo, ripeto,  davvero amici di famiglia come sai ma gli allenatori che ricordo sempre con tanto affetto sono anche Paolo Carosi e Enzo Riccomini. Carosi credette in me e mi fece esordire in serie A e Riccomini l’ho avuto ad Arezzo. Due persone capaci e perbene che mi sono entrate nell’anima.

E il Presidente?

Due su tutti: Zoff e Cragnotti. Il primo era “un passaporto”, ricordo una trasferta in Russia dove sai bene che controlli effettuano a chi entra e chi esce e ricordo che quando apparve Dino dinanzi a tutta la nostra fila come si… aprirono automaticamente i varchi e tutti volevano farsi la foto con lui. Una vera leggenda! L’altro è Sergio Cragnotti che aveva oltre che la competenza del Presidente anche l’autorevolezza del “padrone” e pensa quanto quindi potessero essere “pesanti” i suoi interventi e le sue decisioni. Due ottimi Presidenti, con caratteristiche diverse ma che entrambi hanno fatto bene alla Lazio. Aspè, aspè, una parola voglio dirla anche su Giorgione Chinaglia: mitico! E questa parola raccoglie tutto su un personaggio straordinario.

Ora in giacca e cravatta fai il commentatore televisivo e radiofonico. Parlami di questa esperienza.

Mi piace parlare di calcio in TV e in radio, ho seguìto quale commentatore, per la Rai, i Mondiali del 2016 poi sono passato a Premium Mediaset per circa nove anni ed ora sono da qualche anno a Sky. Da dieci anni faccio anche radio su “Radio Radio” . Racconto e commento esattamente, senza togliere e senza aggiungere una virgola, quello che vedo, sulla base di una esperienza trentennale che mi porta a poter essere di aiuto -al telespettatore- sull’interpretazione di una giocata giusta o di una giocata sbagliata ma questo solo perché ho i capelli bianchi e ho vissuto diecimila di quelle giocate da calciatore e da allenatore e non perché sia presuntuoso o saccente.

Abbiamo tanti amici in comune, parlami di Guido Ugolotti e di Carmine Falso.

Ahahah bella questa! Guido credo che tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta sia stato uno dei talenti più puri che abbia tirato fuori la Roma. Per un certo periodo fu anche capocannoniere in serie A, ogni pallone che toccava finiva in rete ma poi subì un infortunio stupido e serio che finì per comprometterne decisamente la sua carriera che era destinata a raggiungere traguardi molto più importanti. Giocò tanti anni tra serie A, B e C e continuò a fare goals ma avrebbe potuto ottenere molto di più senza quell’infortunio. Sono stato suo compagno oltre che alla Roma anche all’Arezzo dove ci siamo frequentati molto anche fuori dal campo di gioco. Ora è a Malta e sta facendo molto bene in serie A quale direttore sportivo ed osservatore. Carmine ahhaah. Grandissimo fisico, imponente in campo, bravo, davvero bravo, giocava con la maglia numero cinque, la sua presenza in campo si sentiva, eccome se si sentiva. Un picchiatore! Era solido, amava lo scontro fisico con il centravanti avversario dove primeggiava quasi sempre lui ma aveva due piedi che erano come ferri da stiro ahahah. Ha fatto bene da calciatore e anche da allenatore dove ha ottenuto risultati ottimi in serie C arrivando anche a vincere campionati importanti contro squadre blasonate. Ma dimmi, tu che lo frequenti, gli sono rimasti quei piedi come  ferri da stiro ahahah?

Ultima, un pensiero per un grande portiere: Stefano Tacconi.

Un grande portiere, d’altra parte non giochi tutti quegli anni nella Juve e in Nazionale se non lo sei. Un istintivo, un fiume in piena colpito da questo grave episodio, non ho tanto da dire se non stringermi con affetto a lui e sperare il più possibile che si ristabilisca presto e nel migliore dei modi. Forza grande Stefano!

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