Il “Principe” e i suoi eredi: Giuseppe Giannini

Città Roma, quartiere Tuscolano, società sportiva Atletico 2000: sullo sfondo campi di calcio dove ci sono ragazzi che corrono, che palleggiano e che imparano i “fondamentali”. A guardarli ci sono i genitori, gli amici, le ragazze e soprattutto tre signori del calcio che negli anni ’80 e ’90 facevano impazzire gli avversari: mi riferisco a Giuseppe Giannini, Odoacre Chierico e Roberto Pruzzo. Tre “pezzi” della Roma che in quegli anni spopolava in Italia e all’estero con un gioco brioso e divertente e che forniva alla Nazionale molti dei suoi talenti. Oggi questi tre campioni hanno le redini dell’Atletico 2000 ed insegnano ai giovani non solo a tirare calci ad un pallone ma anche ad amare il calcio, a “fare gruppo”, a crescere e a diventare uomini. Cercano di migliorarli e di lanciare i più bravi nel calcio che conta, quel calcio che loro hanno giocato e vissuto per tanti anni. Nella segreteria “dell’Atletico” mi ha ricevuto, con la sua solita disponibilità Giuseppe Giannini, che nonostante il passare degli anni è rimasto asciutto come quando giocava ed ha mantenuto intatto il suo carattere: eleganza nei modi, correttezza, senso dell’humor e serietà, doti che ne hanno fatto il Principe! Così tra una battuta e l’altra, il Principe si è raccontato ed emozionato, ha parlato di compagni di squadra e presidenti, dirigenti ed avversari, solidarietà e prospettive future, con l’immancabile accenno a Gildo, il padre, che lo ha fatto innamorare della Roma, che lo ha introdotto nel calcio e con il quale condivide anche questa esperienza dell’Atletico 2000.

Per quale squadra tifavi da bambino Peppe?

Per la Roma, mio padre mi ha fatto innamorare quando ero molto piccolo della Roma e nonostante avessi tutti gli altri parenti laziali sono sempre stato romanista. Tu sai Ercole che i genitori ti “indirizzano” nella vita nelle varie scelte e poi, in molti casi, finisci per sposarle e quello della squadra di calcio è uno dei primi … “indirizzi” che hai.

Hai perfettamente ragione, anche io ho “indirizzato” mia figlia Elisa…verso Torino, sponda Juve. Chi era il tuo idolo?

…No comment. Il mio idolo? Gigi Riva. Giocavo ala sinistra quando ero piccolo e Riva era la più grande ala sinistra italiana e tra le più forti nel palcoscenico mondiale. Poi ho ammirato tanti altri campioni, da Gianni Rivera a Ciccio Cordova, tanti altri ne ho visti e con tanti altri ho giocato.

In quale squadra hai iniziato a giocare?

Con il Frattocchie, la squadra di una zona periferica ai piedi dei castelli romani. Giocavo ala sinistra, mi divertivo poi, piano piano, si sono accorti che ero bravo, ho iniziato a crederci ed allenarmi seriamente ed il sogno è diventato realtà: calciatore e per giunta della Roma, il massimo!

Hai giocato al fianco di grandissimi campioni, chi è per te il numero 1?

Che devo dirti, in venti anni di professionismo ne ho visti talmente tanti, tutti bravi, forti. Forse tra tutti chi aveva qualcosa in più era Cerezo. Era davvero un grande, sia dal punto di vista umano sia dal punto di vista professionale, sapeva fare tutto, contrastava, pressava, colpiva di testa benissimo, tirava di destro e di sinistro indifferentemente, un vero leader, un professionista esemplare. Era un giocatore universale.

Roma, Sturm Graz, Napoli e Lecce. Che mi dici?

Roma tutto, la mia città, la mia squadra, tifosi grandissimi, società seria, compagni eccezionali e buoni risultati. Graz una vacanza, dopo 17 anni di Roma avevo sentito il bisogno di staccare un po’ la spina e di rilassarmi e Graz ha rappresentato una bella esperienza. Il calcio lì è vissuto con ansie minori e meno clamore, una bella esperienza ripeto. Napoli mi ha lasciato qualcosa di straordinario dentro. Sono arrivato in condizioni difficili, il Napoli non attraversava un buon momento, mi sono subito integrato con i compagni e con la città, bellissima proprio come la sua gente. Sono stati giorni importanti per me e dei quali riserbo un bel ricordo; ho anche fatto un bel goal in Coppa Italia contro la Lazio, bella soddisfazione non credi? Poi sfortunatamente i risultati che contavano non sono arrivati e Mazzone è andato via ed io l’ho seguito. Anche Lecce ha rappresentato una bella tappa, sono arrivato a nove giornate dalla fine del campionato che era già seriamente compromesso. L’allenatore era Prandelli, finimmo come a quel punto era ormai prevedibile in serie B ma il gruppo era buono e saldo, cambiò solo il mister, arrivò Sonetti e vincemmo il campionato tornando così in serie A.

Fammi il nome di un presidente, un dirigente ed un compagno che stimi e a cui ti senti comunque ancora legato.

Guarda non posso farti il nome di un compagno di squadra perché ho avuto un ottimo rapporto con tantissimi compagni e finirei per fare dei torti a qualcuno. Chierico, Pruzzo, Conti, Falcao, Cerezo, Agostino Di Bartolomei e tanti altri compagni ho ammirato e stimato sia professionalmente sia umanamente. Per quanto riguarda un avversario posso farti il nome di Roberto Mancini che era avversario in campionato ma un compagno di squadra in nazionale, grande talento e bravo ragazzo. Presidente, beh, Dino Viola, anche se con lui non avevo un rapporto davvero ottimo ma piuttosto freddo e distante, gli riconosco grandi capacità, amore per la Roma e grande carisma. Uno che sapeva davvero quello che voleva. Come dirigente su tutti Mascetti perché è stato direttore sportivo nella mia Roma per tanti anni ma anche Agnolin e Petrucci sono stati validi dirigenti.

Giannini e la Nazionale.

Un legame molto bello, profondo. Ho iniziato con la Under 21 che poi è stata quasi interamente trasferita nella Nazionale A. Anni bellissimi in cui abbiamo divertito ed appassionato gli italiani e gli sportivi in genere, giocavamo un calcio spumeggiante ed anche se vincevamo due o tre a zero, continuavamo ad attaccare, divertirci e a divertire il pubblico. Davvero un bel calcio, uscivamo sempre tra gli applausi. Un bel gruppo che poi, con qualche variante, è stato il gruppo di Italia ’90.

Ricordo un tuo goal memorabile contro la Spagna allo stadio Flaminio di Roma.

Si, un bel ricordo. Era la finale di andata del campionato europeo che poi finimmo per vincere, si giocava a Roma e perdevamo 1 a 0 a pochi minuti dalla fine. Pareggiammo e poi calciai alla perfezione un calcio di punizione a pochissimi minuti dalla fine che si infilò nel sette della porta avversaria. Gran goal e bel ricordo.

Calciatori e solidarietà. Cosa fai per gli altri Peppe?

Non mi piace esternare ciò che faccio per gli altri. Ognuno di noi nel suo piccolo può aiutare in mille modi diversi chi ha bisogno ed io quando sento di fare qualcosa per gli altri lo faccio senza flash o senza pubblicità perché sarebbe sciocco e banale esaltare o reclamizzare un bel gesto fatto con il cuore. Quando vedo la televisione e passa il numero di un conto corrente per una iniziativa che credo meritevole agisco, però capita che non offro l’elemosina a chi viene vicino al finestrino della macchina perché non credo in quella formula.

Fai ancora partite per beneficenza vero?

Sì, capita. Poco prima di Natale, Rai International ha organizzato una partita a Guidonia per un bambino che doveva essere operato negli Stati Uniti ed io sono sceso in campo con piacere per quella iniziativa come sempre faccio anche per iniziative analoghe.

La Regione Sardegna, al pari di molti tuoi colleghi, Ti ha spesso ospitato sia per giocare sia per vacanza. Che rapporto hai con questa incantevole isola?

Eccellente. Come Napoli, la Sardegna ce l’ho nel cuore perché è sole, è mare, è vacanza, è semplicità della gente, è affetto, è genuinità. Avevo due case in Sardegna e l’ho frequentata per oltre dieci anni assiduamente ma anche ora quando posso corro in Sardegna per godere della sua bellezza, del suo clima e per riabbracciare la sua gente, bella e calda come quella di Napoli. Mi piacerebbe anche tornarci per lavorare, chissà che un giorno…

Ma se ti vedono ancora giocare come sai, c’è il rischio che poi ti chiedano di rimettere gli scarpini per le ultime giornate di campionato e portare insieme a Zola il Cagliari in serie A.

Ah, ah, no, Gianfranco è ancora in splendida forma, io ho smesso cinque, sei anni fa, io gioco con te, il Cagliari lo riporta in A Gianfranco vedrai. Il mio impegno ed il mio ruolo ora è un altro, è fare l’allenatore. Chissà forse un giorno potrei anche essere l’allenatore del Cagliari, sarebbe bello.

…Ok, tra qualche anno Tu allenatore del Cagliari ed io addetto stampa.

Perché no? Sarebbe bellissimo.

Grazie Peppe a presto.

Grazie a te,

A cena da “Ivo a Trastevere”

Pubblicato su “Il Giornale d’Italia” in data 20.01.2004

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