Nello Di Costanzo: mister con il pass per la serie A

È nato a Roma, domiciliato a Baia Domizia e residente ad Acerra, quarantaquattro anni, coniugato con Daniela e padre di Davide e di Andrea, appassionati rispettivamente di aeronautica e di cucina. Questo è, in sintesi, il profilo di Nello Di Costanzo, un gentiluomo della panchina e uno degli allenatori professionisti più giovani che negli ultimi anni è salito alla ribalta della cronaca per aver allenato, con successo, il Gladiator, il Benevento e lo Juve Stabia. In un bar centrale di Scauri, in compagnia di mister Carmine Falso, suo ex compagno di squadra ai tempi in cui giocava in serie C e i capelli di entrambi erano meno bianchi e del direttore sportivo Antonio Fragasso, Nello ha parlato con la tenerezza di un romantico, quale in fondo è, della sua infanzia passata a tirare calci ad un pallone sulla spiaggia proprio di Scauri e dei rapporti estremamente amichevoli, fondati sull’amicizia e sulla stima, che ha con Carmine ed Antonio. Così, in un clima di assoluta cordialità e sorseggiando dell’ottimo caffè freddo, è iniziata la nostra chiacchierata, partendo dall’acquisizione del pass per allenare in serie A che Di Costanzo ha ottenuto in settimana e che gli permetterà di frequentare il supercorso di Coverciano, vera e propria università “pallonara”.

Allora mister, ora che sei allenatore di serie A, posso continuare a darti del tu?

Una grande gioia questa, che divido con la famiglia e gli amici che hanno gioito per il raggiungimento di questo mio traguardo, ma la strada è ancora lunga. È come se avessi preso la patente di guida ma non avessi la macchina o possedessi solo una utilitaria. In sostanza posso allenare in serie A ma non è scritto da nessuna parte che di sicuro ci arriverò. Per me è una gioia immensa aver raggiunto questo traguardo e mi auguro di poter concretizzare con il tempo questa grande possibilità ma nel frattempo cerco di continuare per la strada che mi ha condotto fin qui: quella della serietà e del continuo impegno giorno dopo giorno. Quanto al tu…beh vai tranquillo, anche tu mi permetterai di continuare ad esserti amico quando scriverai sul New York Times.

A che età ti sei innamorato del pallone e quando e perché hai deciso di fare l’allenatore?

Da ragazzino venivo qui a Scauri e giocavo per ore sotto il sole a pallone, palleggiavo, correvo, mi divertivo insomma. A me interessava il pallone, non cercavo bocce e tamburelle, ma solo il pallone mi dava gioia ed allegria. Con il tempo, e questa è stata per me una grande fortuna, il gioco preferito si è trasformato in professione e tuttora mi da’ il pane. Ho giocato, negli anni, nelle giovanili del Napoli e del Milan, in serie C con Turris e Afragolese, insieme al mitico Carmine e mi piace ricordare anche le esperienze con il Gladiator, il Terracina e il Sezze. Già a venti anni pensavo che avrei finito per fare l’allenatore perché mi piaceva dirigere un gruppo e rimanere tra i giovani per trasfondere loro quanto questo meraviglioso mondo dello sport mi ha insegnato in trenta anni di attività. Ho smesso presto a seguito di un infortunio molto fastidioso al tendine di Achille ma non ho appeso gli scarpini al chiodo, sono rimasto in campo in altra veste.

In quale ruolo hai iniziato a giocare?

Ho iniziato in attacco e con il passare degli anni sono sempre andato più dietro sino a ricoprire i ruoli di mediano e terzino.

Piedi da attaccante o da terzino?

Piedi buoni, da attaccante e con senso tattico e disciplina del difensore. Durante uno stage ho conosciuto i responsabili del settore giovanile dell’Ajax che mi hanno detto che è abitudine di questa grandissima società, selezionare sempre e solo attaccanti, i più bravi li fanno giocare in avanti e quelli meno bravi indietro. Potevo andare bene …anche per l’Ajax!

Doping amministrativo e farmaceutico: ci stanno rovinando il più bel gioco del mondo?

Il calcio è molto più pulito di quanto qualcuno voglia far credere e io che lo pratico da trenta anni, da giocatore prima e da allenatore oggi, posso assicurartelo. Credo nel valore del calcio che per me rimane una palestra di vita non solo per chi ne fa la propria professione ma anche per chi, abbracciate altre professioni, mantiene intatti quei valori di lealtà e sano agonismo che questo sport gli ha insegnato negli anni della gioventù. Chi macchia lo sport con il doping amministrativo o farmaceutico, per me egualmente gravi e da perseguire, deve pagare pene severissime per il danno che provoca a milioni di appassionati e di tifosi che vogliono solo un calcio vero e uno sport pulito, fatto unicamente di sudore, allenamenti, sacrifici, tattiche e talento.

A proposito di tattica, sei un mister a uomo o a zona?

Credo tendenzialmente che la migliore difesa sia l’attacco, mi piace di più il gioco offensivo ad una strenua difesa e ad uno smisurato tatticismo. Detto questo, devo però dire che spesso gli allenatori devono fare di necessità virtù, devono salvare una stagione o rispondere alle sollecitazioni di un presidente o dei tifosi che magari, talvolta, preferiscono un pareggio che ti porta alla salvezza ad una partita spettacolo che può condannarti ad una serie inferiore e allora i tuoi schemi e i tuoi intendimenti vengono messi da parte per il risultato.

Per quale squadra tifi?

Per tutte quelle che ho allenato e che allenerò.

E per il Napoli?

…Il primo amore non si scorda mai.

Quest’anno hai dominato, con lo Juve Stabia, il girone di ritorno e poi perdendo lo spareggio con la Cavese non sei stato promosso. Cosa è successo?

Forse ci sentivamo più forti e credo addirittura che paradossalmente la vittoria in campionato per due a zero a Cava ci abbia inconsciamente penalizzato nello spareggio. L’assenza del nostro pubblico, per i noti motivi, e l’aver giocato in uno stadio diverso dal nostro, al quale eravamo abituati e nel quale avevamo giocato sempre grandi partite sostenuti da un pubblico appassionato e caloroso,  hanno  determinato  una  sconfitta  non  del  tutto meritata e la mancata promozione che, per quanto avevamo fatto durante l’anno e per il piazzamento ottenuto in classifica, alle spalle del Manfredonia, che siamo stati gli unici a sconfiggere in campionato, avremmo ampiamente meritato.

C’è un giocatore che hai allenato e che credi possa arrivare a giocare in serie A?

Ne ho allenati molti di buoni giocatori, ma ce ne è uno che credo abbia i numeri per far bene in categorie superiori. Mi riferisco a Luigi Castaldo, un giocatore che anche Carmine ha allenato e che benché molto alto è dotato di grandissima agilità e buona tecnica e molte società di categorie superiori hanno già messo gli occhi su di lui.

Minturno e lo sport: oggi ci sarà il solito appuntamento annuale per premiare gli sportivi delle varie discipline che hanno portato in alto il nome della città nel territorio nazionale. Sarai presente come uno degli ospiti di riguardo.

Sono legatissimo per i motivi che sai a Minturno e alla spiaggia di Scauri e credo che questa manifestazione che organizzi ormai da quattro anni e alla quale riesci sempre a portare sportivi affermati, sia un appuntamento gradevolissimo sia per gli sportivi premiati e le loro famiglie, sia per tutti gli abitanti che possono vedere da vicino atleti professionisti e addetti ai lavori, che vedono normalmente solo in televisione. Una grande sensibilità, questa dell’amministrazione comunale, che ogni anno organizza questo evento da te ideato e coordinato e che sono certo crescerà sempre più nel tempo e diventerà un appuntamento non solo locale ma nazionale.

Il Direttore Fragasso ha predetto in passato la serie A a De Canio e Somma e qualche giorno fa mi ha detto che anche Tu, prima o poi, siederai su una panchina di serie A. Cosa ne pensi?

Mi gratifica il fatto che una persona di esperienza e di livello del mondo del calcio, come Antonio Fragasso, che è il leader incontrastato del calcio mercato laziale da quarant’anni, abbia espresso questa opinione. Mi appello al suo intuito e al fatto che..non c’è due senza tre.

Pubblicato sul “Corriere del Sud Lazio” n. 26 del 2005

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