Tommaso Starace, nato a Vico Equense, è un giovanotto di settant’anni che ha dedicato quasi mezzo secolo al Napoli calcio, diventando un punto di riferimento per la società e per i calciatori ed un’icona per i tifosi che lo acclamano e braccano per strada, come è avvenuto stamattina, per una fotografia o un autografo. Di aspetto robusto e simpatico, goliardico e, al contempo, sensibile nell’animo, Tommaso ha nel cuore e nella testa settant’anni di vita dipinta di azzurro. Lo inseguivo da tempo e alla fine sono riuscito a braccarlo anche io e ad intervistarlo nel cuore di Vico, manco a farlo apposta, al bar “Wembley”. Tre ore di storia del calcio napoletano e, permettetemi, anche mondiale, tre ore di risate, tre ore di commozione nel ricordo di Diego e Franco, tre ore iniziate con cappuccino e sfogliatella e concluse con campari e tarallucci.

Come, quando e perché hai capito che il calcio, che a quei tempi, quarant’anni fa, era “il Pallone”, sarebbe diventato la tua vita?

Beh, diciamo che io da bambino tifavo Napoli e quindi ho sempre seguìto con passione la mia squadra del cuore. Volevo capire, da giovane, come mai il Napoli non vinceva mai uno scudetto e poi, un giorno, all’improvviso ed inaspettatamente, quando ancora mi facevo questa domanda, mi venne data l’opportunità di andare a lavorare per il Napoli ed io non ci credevo ma la cosa sì avverò davvero. Mi sono ritrovato quasi per magìa in quella che era la sede del Napoli, a Piazza Amedeo all’epoca e lo chef Maresca mi invitò ad andare a lavorare con lui in cucina perché aveva bisogno di un ragazzo e siccome anche lui era della zona di Vico Equense un compaesano mi propose alla società ed io divenni il suo secondo. Ecco, è così che è nata la mia storia con il Napoli ed io l’ho vissuta sempre con infinito amore, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo.  Poi, nel 1987, il vecchio magazziniere del Napoli, Mastruzzo, andò in pensione e scelsero me al suo posto, così passai dalla cucina al magazzino e agli spogliatoi. Il primo gennaio del 1987 è una data straordinaria e che non scorderò mai, mi sono trovato a lavorare vicino ai miei campioni, ai miei idoli, a lavorare per loro.

In questi quarant’anni qual è stata l’evoluzione del tuo lavoro?

Mi spiego meglio, quali erano i tuoi compiti quando hai iniziato e come si sono trasformati? Oggi tu sei, in qualche misura, un’icona dalla squadra e della città.

Ahahah, lo hai detto tu eh Ercole, ahahah. Sì, forse è vero, negli anni la storia è stata questa, una storia bellissima, sono entrato dalla cucina per passare al magazzino, allo spogliatoio e sono poi diventato un punto di riferimento, un po’ uno zio dei calciatori. La gente lo vedi tu, mi ferma, vuole fare fotografie, chiede autografi, i tifosi hanno apprezzato la mia serietà, il mio attaccamento alla squadra, il mio impegno. La storia è bellissima perché poi negli anni si è vinto tantissimo, è arrivato un certo Maradona che ha fatto capire agli altri come si vinceva e il suo merito è stato quello di lasciare una traccia, un sentiero, che ha permesso al Napoli di vincere anche quando lui non ha più giocato. E poi ovviamente c’è la grandezza del Presidente che ha creato una società che funziona come un orologio e che ha messo i calciatori nelle condizioni di rendere al meglio. Ecco, grandi Presidenti, grandi società, grandi allenatori e grandi calciatori. Tutto questo ha fatto un grande Napoli.

Quanto è stato duro e quanto è stato bello il tuo lavoro e, soprattutto, quanto hai “tolto”, con i tuoi impegni, alla tua famiglia?

Il mio lavoro è stato duro, durissimo, diciamo che per anni veramente si viaggiava tantissimo, campionato, coppe, allenamenti continui. C’è stato l’anno della Coppa UEFA che la mia valigia era sempre dietro la porta di casa, si toglieva solo la roba sporca e si sostituiva con quella pulita per ripartire un’altra volta. L’anno della vittoria della Uefa con lo Stoccarda fu durissimo ma bellissimo, sempre in viaggio ma dove andavamo – andavamo, vincevamo e sembravamo veramente delle iene. Sai quando tu arrivi e non vedi nessuno, vedi solo il tuo colore, il nostro colore era l’azzurro e noi vedevamo solo l’azzurro.

Cos’è Napoli per te e cos’è il Napoli per i napoletani?

Sono un tutt’uno, assolutamente, sono la stessa cosa i napoletani, Napoli e il Napoli. Una città ricca di storia, di civiltà, di bellezze naturali, un popolo caloroso, allegro, vivace, il cibo fantastico e una squadra fortissima. Napoli ha tutto, è il mio cuore!  Anche quando giocavamo in serie B e in serie C i tifosi ci stavano vicini, ci sostenevano ogni domenica e ci aiutarono a vincere e ritornare in serie A. Napoli per chi ama il calcio è l’ideale perché lo si vive a trecentosessanta gradi tutti i giorni.

Sei il tesserato del Napoli più vittorioso di tutti i tempi, per far capire meglio ai lettori hai vinto più scudetti tu di…  Diego Armando, Ferlaino e De Laurentis.

Ahahah, pure questo lo dici tu eh, ahahah.

No, no, Tommaso, sbagli, lo dice la storia del Napoli (ndr …e gli occhi di Tommaso diventano lucidi).

Sono contento di questo che mi dici ma io sono solo la piccola parte di grandi società, fatte da grandi Presidenti e dirigenti e di squadre fortissime e allenatori bravissimi. Abbiamo vinto tutti insieme.

Hai conosciuto centinaia di calciatori del Napoli, subito dopo Diego, chi metteresti? Io, per esempio, sono innamorato di Bruno Giordano che aveva per me piedi e cervello da numero 10.

Sono stati tanti i campioni che ho avuto la fortuna di conoscere, tutti eccezionali, tutti bravissimi. Sì, Bruno come dici tu era fortissimo, faceva quello che voleva con il pallone; è arrivato a Napoli in età matura eppure, aveva la freschezza di un ragazzino in campo e il talento dei campioni veri. Anche Mertens un grandissimo, un bravissimo ragazzo, attaccatissimo alla città e alla squadra ed è il capocannoniere di tutti i tempi del Napoli con i suoi 148 gol. Insomma, Giordano e Mertens non male eh, ahahah.   

Fammi il nome del Presidente, dell’allenatore, del calciatore ai quali sei umanamente più legato e dimmi il perché.

I Presidenti per forza due, impossibile farne uno di nome. Ferlaino, persona eccezionale, perché mi ha assunto e regalato questo sogno e De Laurentis, eccezionale pure lui, perché ha continuato ad avere fiducia in me e mi ha fatto lavorare fino all’età di settant’anni. Calciatore? Maradona per me è stato come avere Gesù in squadra, come avere a che fare con una persona che fa i miracoli. Il Gesù del calcio! (ndr Interviene un ragazzo, tale Armando, che seduto al tavolo di fianco a noi e sentendo l’intervista dice: e Zola?) Replica subito Tommaso: Sì, Gianfranco un altro grande, pensa è stato un anno intero a calciare in allenamento le punizioni con Diego che gli metteva cinque palloni al vertice destro e cinque al vertice sinistro dell’area di rigore e gli faceva vedere come calciare il pallone. Ovviamente Maradona faceva sempre gol ma Gianfranco ha imparato bene perché poi è diventato anche lui uno specialista. L’altro giorno stavo vedendo un filmato su internet e ho visto che Zola che stava insegnando a dei giovani calciatori a tirare le punizioni e sai come faceva? Metteva cinque palloni sul vertice destro e cinque sul vertice sinistro …

Bellissima questa cosa, dagli occhi vedo, con piacere, quanto ti emozioni ancora oggi a parlare di Diego.

Stavolta sbagli tu, non mi emoziono ancora oggi, mi emozionerò sempre a ricordare e a parlare di Diego. Perché vedi, lui non è stato solo il più grande calciatore di tutti i tempi ma è stato anche un grandissimo uomo e una persona sensibilissima, di una umiltà immensa. Ti racconto una cosa ma potrei raccontartene mille. Nel 1990 si stavano ultimando i lavori negli stadi per i mondiali e i boiler avevano poca acqua calda quindi si rischiava che chi faceva la doccia per primo si lavasse con l’acqua calda e chi la facesse dopo si lavasse con l’acqua fredda; i compagni quando vedevano Diego si spostavano subito quasi per lasciargli il posto sotto la doccia ma lui non ha mai e dico mai voluto fare la doccia per primo ma ha sempre lasciato che i compagni la facessero prima di lui. Era sempre l’ultimo in tutto ma il primo per tutti! Allora io mi ingegnai e scaldavo una bella pentola di acqua su un fornellino e quando era insaponato gli buttavo l’acqua calda addosso come si fa con i bambini. E poi la generosità, qualcosa ti ho detto prima dell’intervista e qualcosa ti dirò dopo ma Diego era immensamente generoso con tutti. Un esempio in tutto!

Quando Maradona inciampò nel doping, in tanti lo hanno denigrato, lo hanno offeso, lo hanno insultato. Dimmi un po’ quella che è la tua verità e, soprattutto, raccontami di quella foto con tuo nipote in quella sera drammatica.

Bravo, qui ritorna il tema della generosità di Diego che in una serataccia della sua vita, quella famosa del doping, mi vide arrivare da lui con le scarpe che andai a prendergli a Soccavo perché lui stava partendo urgentemente per Buenos Aires e in quel clima infuocato di delusione, amarezza, rabbia, con la stampa alle calcagna, mi disse di far entrare Gianni, mio nipote, sapendo che voleva farsi una foto con lui. In quel momento durissimo per lui, non ha pensato a sé stesso ma alla gioia e alla felicità di un bambino.

Hai girato il mondo con la squadra. Qual è una vittoria che ti porti dentro, che ti ha emozionato di più, il fischio finale dell’arbitro più bello?

Tutti momenti eccezionali ma il fischio finale più bello è stato quello della vittoria della Coppa UEFA a Stoccarda. Sono stati momenti veramente toccanti perché la Coppa UEFA era in quegli anni difficile come la Coppa dei Campioni e noi siamo riusciti a vincerla con grande umiltà e fuori casa, sviluppando un gioco fantastico. Vedere gli italiani e i tifosi del Napoli gioire a Stoccarda e una folla immensa venire ad accoglierci in aeroporto con i vessilli azzurri mi commuove ancora oggi e mi commuoverà sempre.

La curva del Napoli, una delle più belle al mondo.

Ma noi tifosi napoletani siamo i primi al mondo, siamo fantastici ecco perché un calciatore quando arriva a Napoli si emoziona, perché siamo sempre calorosi e tifiamo sempre e dappertutto per i nostri colori.

Conte al Napoli e Spalletti alla Juve? Mio nonno Ercole direbbe “cose di pazzi”.

E diciamo che il nonno non si sbaglierebbe per niente. Ma parliamo di due grandissimi allenatori che stimo tantissimo e che sono grandi professionisti e come tali a volte devono cambiare squadre ma è il loro lavoro ed è un loro diritto.

Tre grandi amici in comune: Franco Anellino, Nello Di Costanzo e Igino Camerota (ndr abbiamo telefonato all’istante, prima della risposta alla mia domanda, sia a Nello sia a Igino).

Tre grandi persone, tre grandi uomini, tre amici veri. Purtroppo, Franco non c’è più e tutti sappiamo che ragazzo era e che valori avesse; era un grande portiere, un grande istruttore, un grande uomo (…pausa), ci manca. Tanto!  Nello ha vinto lo scudetto Primavera con il Napoli allenato da Mariolino Corso e lo soprannominavamo ù monaco – come ti ha detto lui al telefono – perché era molto serio, già un professionista da ragazzo. Studiava e si allenava, si allenava e studiava, un ragazzo d’oro. Igino è un giovane brillante, preparato, energico, cha fa il suo lavoro con passione e successo. Farà tanta strada.

Tommaso Starace e il suo caffè: lo prepari sempre con la macchinetta napoletana e lo hai preparato a calciatori, dirigenti, allenatori, giornalisti e … a Diletta Leotta.

Ahahah, lo sapevo che arrivavi lì, ahahah, Diletta Leotta se lo merita il caffè, ma come tutti quelli a cui lo preparo. Stavamo a Udine, faceva freddo e per farle riscaldare un po’ il cuore le ho fatto un caffè.

Hai avuto problemi poi con tua moglie?

Ahahah, ma no, mia moglie lo sa che poi ritorno sempre a casa, ahahah.

Tommaso tu sei il napoletano più vincente con i tuoi quattro scudetti ma io, però  … ne ho trentotto…

Ahahah, questa non me l’aspettavo. Facimm ‘na cosa, tu te tien e toie e io e mmiei, ahahaha.

Un giorno potrò dire che Tommaso Starace sì, sì, quello che faceva il caffè a Maradona lo ha fatto anche a me ma tu potrai dire che oltre ad averlo fatto a Diego lo hai fatto anche ad Ercole.

Certamente, diciamo che Ercole è arrivato al momento giusto per un caffè bellissimo. Grazie Ercole e viva lo sport ragazzi. Lo sport deve essere il numero uno poi vinca sempre il migliore.

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